Un viaggio lungo un anno… Approccio alle storie personali degli alunni

L’inizio dell’anno scolastico è caratterizzato innanzitutto dalla necessità di progettare attività ed obiettivi da raggiungere nel corso e al termine dell’anno, uno tra questi è la conoscenza di se stessi, come adulti ed insegnanti, e dei propri alunni, sia singolarmente che come gruppo-classe.
Gli alunni che ritroviamo in classe a settembre non sono gli stessi che abbiamo lasciato a giugno, nonostante i loro nomi e cognomi non siano cambiati.
Il tempo delle vacanze è un tempo ricco di cambiamenti, fisici sicuramente, ma soprattutto psicologici ed emotivi, un tempo che si arricchisce delle nuove esperienze e dei nuovi legami.
Come possiamo pensare di lavorare sulle storie dei nostri alunni senza essere intrusivi? In ogni classe ci possono essere delle storie su cui prestare più attenzione poiché ricche di aspetti molto delicati che rischiano di esporre l’alunno al giudizio o alla curiosità eccessiva dei compagni. Parlo di storie di adozione, di immigrazione, di disabilità, di lutti, di separazioni familiari. C’è un limite da non superare, un limite personale che va rispettato. In definitiva, non si può chiedere ciò che l’alunno e la famiglia non sono ancora disposti a raccontare.
Partendo da questo concetto, possiamo pensare che per lavorare sulle storie personali bisogna lasciare la parola ai bambini. Immaginiamo di dare ad ogni alunno un compito: “Quest’anno scolastico sarà un viaggio che ci porterà alla conoscenza di tanti posti nuovi. Per partire hai bisogno di una valigia, cosa metteresti del tuo passato, dei tuoi legami e cosa lasceresti fuori?”.
Se parliamo con alunni delle scuole primarie il compito sicuramente deve essere concreto. La valigia va costruita veramente, anche una scatola di scarpe può andare bene, ma utilizzare le ore di “Arte e immagine” per crearla insieme in classe può essere una buona idea. Va decorata e personalizzata, e solo successivamente va riempita. Di cosa? Lo sceglierà l’alunno. Per aiutarlo gli si possono fornire delle domande su cui riflettere prima di scegliere cosa portare nel viaggio:

Chi sei? Cosa ti rappresenta oggi?
Cosa è importante per te del tuo passato?
Quali sono le persone che porteresti con te? Scegli un oggetto per ognuno di loro.
Cosa non ti serve perché è troppo pesante?

Sicuramente gli alunni saranno stimolati da queste domande (che possono essere adattate in base agli obiettivi da raggiungere) a cercare oggetti del loro passato e del loro presente, ma non si sentiranno costretti ad andare in “aree” che sono difficili da affrontare. Ad esempio, un bambino adottato non sarà costretto in questo modo a portare fonti del proprio passato prima dell’arrivo nella famiglia adottiva, se non se la sente di farlo. Le ultime domande, apparentemente complesse, possono essere il punto di partenza di ampie riflessioni: cosa significa che un aspetto del mio passato è troppo pesante? Cosa posso lasciare indietro che non mi serve? Si possono invitare gli alunni a ripensare all’anno scolastico precedente. Ci sono state situazioni che non vorrebbero che si ripetessero e che quindi non troverebbero posto nella valigia attuale? Una brutta litigata con un compagno, un momento difficile, un giorno in cui proprio non avevano voglia di andare a scuola…
Anche in questo caso, l’insegnante stimola i bambini a pensare, ma non obbliga ad esporsi soprattutto quando parliamo di trattare situazioni delicate e dolorose. Se il bambino ha elaborato l’evento “pesante” ne parlerà, lo disegnerà, troverà un oggetto che lo possa rappresentare, lo metterà in valigia per poi lasciarlo fuori, quando tutte le valigie saranno aperte.
Questo compito ha un senso se, dopo aver dato un tempo ragionevole ai bambini per costruire e riempire le loro valigie, si troverà uno spazio per condividerlo, che, come si è detto più volte, deve essere programmato e avere delle caratteristiche che lo differenzino dal tempo dedicato alle lezioni. Non si può avere una condivisione in uno spazio classe frontale, i banchi vanno messi da parte e i bambini devono potersi guardare negli occhi, in un cerchio, in modo da sentire di appartenere al gruppo. L’insegnante fa parte del gruppo e non ha il ruolo di chi valuta in quel momento, ma di chi si mette in ascolto di se stesso e dei discenti.

L’apertura delle valigie è un momento importante, da non fare di corsa. C’è bisogno di tempo per vedere cosa ogni bambino ha deciso di portare con sé, cosa vuole lasciarsi alle spalle, cosa ha scelto di condividere. Ognuno ha bisogno di un tempo per presentare la propria valigia e un tempo perché gli altri possano fare domande, esprimere dubbi, considerazioni. Probabilmente per una classe di venti alunni ci vorranno più momenti dedicati.
Andrebbe scelto poi un posto dove conservarle, perché le valigie continueranno ad essere riempite durante l’anno, di avvenimenti importanti personali, di cose che il bambino reputa utili per il viaggio. Una riflessione va fatta anche su dove e come “archiviare” le cose che tutti i bambini scelgono di togliere dalle loro valigie, perché dolorose e pesanti. Va insegnato ai bambini che queste non si buttano nel dimenticatoio, fanno parte della nostra storia, le teniamo da qualche parte in un posto dove non possano più farci del male. Se serve e il bambino ne ha bisogno, si sa dove trovarle; tante volte allontanare la sofferenza non aiuta, aiuta poterla guardare negli occhi e imparare a gestirla, elaborandola come parte della propria storia.
Le valigie possono essere riaperte nel corso dell’anno per constatare i cambiamenti, le novità, cosa togliere che non va più bene. E alla fine possono essere riconsegnate insieme alle pagelle, affinché gli alunni possano partire per le vacanze consapevoli che quello che li rappresenta non sono solo nozioni e votazioni, ma le loro storie in continuo mutamento.

Articolo pubblicato sul numero 96 di ottobre 2019 della Rivista telematica lascuolapossibile.it

Leave a comment