La maternità crea…tiva. Ogni bambino porta dentro sé la storia della propria madre

Abbiamo da poco concluso i festeggiamenti per la mamma, ma voglio soffermarmi ancora sul tema dell’essere madri oggi, in particolare sul diventare madri.
Quando entriamo in una classe ci troviamo addosso gli sguardi dei tanti alunni che la compongono, potremmo dire che in ognuno di quegli sguardi c’è una storia, la storia personale che il bambino o ragazzo ha vissuto fino a quel momento, ma anche la storia dei propri genitori, dei propri nonni, fino a molto più indietro nel tempo.
Ogni bambino è stato guardato in modo diverso, accolto, amato, desiderato anche in relazione a come ha vissuto il suo arrivo chi lo aspettava in famiglia, e in particolare la madre. Nella società contemporanea diventare madri è sempre più una scelta consapevole che arriva in un’età in cui la donna ha già visto la sua vita prendere una precisa direzione sia nell’aspetto affettivo, avendo costruito una relazione stabile, sia nell’aspetto lavorativo, avendo concluso gli studi e avviato una carriera.

Cosa significa “scegliere di diventare madre?” Innanzitutto, prima ancora di essere concepito, un bambino nasce nel pensiero e nel desiderio della madre, di chi dà la vita, creandola nel proprio corpo e/o accogliendola nel proprio cuore. Prima del bambino reale, esiste un bambino ideale, immaginato, sognato e amato, probabilmente perfetto, con cui poi si confronterà il neonato quando sarà il momento. Io credo che già il desiderio di diventare madri renda una donna una madre. Si tratta di un’affermazione forte, mi rendo conto, ma voglio dire con questo che è madre anche una donna che non vede nascere nessun bambino, ma che lo desidera come fosse la cosa più importante della sua vita.
È già madre chi sente quella vita battere dentro e poi per una serie di motivi non la vede nascere.
Chi desidera almeno sentirla e invece si trova a confrontarsi con un corpo che non accoglie, non genera, non dà vita.
È già madre chi piange in silenzio perché si sente meno di qualcun’altra solo perché la natura imperscrutabile ha deciso che il suo corpo non è adatto o forse non è pronto o non si sa neanche il perché non riesca a portare a termine una gravidanza, motivi che fanno versare lacrime, provare angoscia e un profondo senso di smarrimento.
È già madre chi sceglie di sottoporre il suo corpo a mille prove fisiche e psicologiche, affidandolo a medici che sapranno renderlo qualcosa di diverso, sentendo dentro tutta la delusione che questo qualcosa non segua una via più semplice e naturale.
È già madre chi sceglie di accogliere la vita che ha portato in grembo un’altra donna, ma che le crescerà nel cuore ben oltre i nove mesi dell’attesa, che verrà esaminata per stabilire se potrebbe essere una buona madre, che si sentirà giudicata prima ancora di poter mettersi alla prova, che aspetterà mesi ma per lo più anni prima di poter stringere in un abbraccio caldo un bambino che la guarderà come si guarda una perfetta sconosciuta, con la speranza di trovare finalmente un amore per non sentirsi più solo, perché solo lo è stato troppo a lungo.
È madre chi accoglie una gravidanza con timore e paure, e decide di non fare finta che tutto vada bene.
È madre chi da sola non ce la fa, per il semplice motivo che da soli è tutto molto più difficile, e sceglie di chiedere aiuto, perché quel neonato non lo conosce, non sa come comportarsi, non sa come rispondere a quel pianto, o semplicemente perché è stanca.
È madre chi sente di essere pronta a prendersi cura di un bambino, chi ha una gravidanza serena, un parto nella regola, un aiuto nella coppia. È madre e fila tutto liscio.

Partendo da queste affermazioni possiamo ben dire che un bambino sarà accolto in modo differente anche in base alle differenti storie che accompagnano il diventare madri. Un bambino potrà essere il primo, il secondo, il terzo che una coppia ha avuto dopo un percorso lineare, il primo dopo una serie di esperienze negative, o ancora un bambino che arriva da lontano.
Anche la storia prima di nascere, ancora più indietro rispetto ai nove mesi vissuti nella pancia, ha dunque una sua importanza e influenzerà la relazione che una madre instaura con il proprio figlio. E influenzerà il modo in cui quel bambino imparerà a costruire le sue relazioni nel mondo e il suo slancio verso il futuro.
Sarà sempre madre chi vede i figli prendere le loro strade e partire per un altro paese, alla ricerca di una propria realizzazione, di un lavoro nuovo, di una nuova avventura, o per seguire un amore lontano.
Sarà sempre madre chi fisicamente non c’è più ma ha seminato germogli di amore nel cuore di chi ha accolto e cresciuto. Perché il materno inteso come prendersi cura richiama con un gioco di specchi l’immagine interna della propria madre, di come quella relazione si è sviluppata, dei ricordi che ne sono rimasti.

La forza creatrice che una madre mette in campo non svanisce nel nulla quando i figli sono grandi, ma continua a generare forza creatrice nel loro immaginario, nel loro mondo interno, nelle nuove relazioni che instaureranno. Dovunque c’è creazione, c’è un materno che si muove. Nasce una vita non solo quando nasce un bambino. Si diventa madri di un’idea, di un progetto, di un nuovo lavoro, di una nuova immagine di sé.
Si diventa madri persino di se stesse quando si sceglie di prendersi cura di sé seriamente, andando a dare voce a quelle parti bambine dimenticate, rimaste in silenzio, chiuse dentro una scatola, quando si sente il desiderio di riscoprirsi più autentiche.
Dovunque e in qualunque modo si crei, c’è sempre un materno che trova la sua strada per esprimersi.

 

Pubblicato sul numero 93 maggio 2019 della rivista telematica www.lascuolapossibile.it

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