Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria, istituita dal Parlamento Italiano con la legge 211 del 2000, in cui si evidenzia all’Art. 1: “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.” Per mantenere vivo questo progetto basato sul Ricordo e appunto sulla Memoria, l’art. 2 cosi prosegue: “In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.”
A tal proposito, l’ allora Ministra dell’istruzione, Valeria Fedeli ha messo a disposizione delle scuole, nel gennaio dello scorso anno, le Linee guida nazionali per una didattica della Shoah a scuola.
Siamo di fronte ad un avvenimento che per la sua portata e per i suoi significati fa parte di una Memoria cosiddetta Collettiva. Per Memoria Collettiva si intende un insieme di ricordi e interpretazioni che sono condivisi da un gruppo e sono trasmessi ai membri che lo compongono andando a costituire l’identità specifica di quel gruppo sociale. Il concetto di memoria collettiva è stato discusso per la prima volta dal sociologo Maurice Halbwachs (La memoria collettiva, Milano 1987), e con essa si fa riferimento ad una dimensione collettiva al di sopra e oltre la dimensione individuale della costruzione del ricordo attraverso la quale la rappresentazione del passato viene condivisa dai membri di un gruppo e trasmessa di generazione in generazione. Una rappresentazione del passato a cui viene attribuita un’interpretazione e un senso e che influenza la costruzione delle singole memorie individuali.
Come possiamo attivare il recupero della Memoria di un fatto storico ormai lontano per le nuove generazioni e che senso ha questo lavoro di recupero e riflessione? Perché è cosi importante far riflettere le nuove generazioni sulla Shoah? Come quel momento storico influenza l’identità collettiva e individuale di un bambino di oggi? Innanzitutto perché quell’orrore non è cosi lontano dai nostri giorni. Perché ci sono elementi comuni nel significato profondo di ciò che è accaduto allora con ciò che accade quotidianamente adesso.
Su cosa allora possiamo far riflettere i bambini senza necessariamente catapultarli negli scenari drammatici e cruenti dei campi di sterminio, soprattutto se ci troviamo di fronte a bambini dai 5 ai 10 anni? Potremmo partire dallo spiegare quanto accaduto aiutandoci con i fatti storici, sottolineando che al di la delle implicazioni economiche, ciò che è stato fatto è tentare di allontanare, relegare, eliminare qualcuno che è diverso, e non solo in quanto di altra religione, ma anche perché più debole, disabile, di altro orientamento sessuale, perché, per l’appunto, sostanzialmente “ diverso”.
Potremmo permettere ai bambini di riflettere sul perché ciò che è diverso da noi ci fa cosi paura. Chi è il diverso oggi, chi sono i diversi di cui abbiamo paura e che cerchiamo di allontanare? Tutto ciò si inserisce in quel percorso di sensibilizzazione alla ricchezza della diversità che accompagna e sostiene il progetto di una didattica inclusiva.
Aiutare un bambino a pensare a cosa renda il diverso cosi temibile da dover essere allontanato, ha anche senso se si porta il bambino a concentrarsi su ciò che in lui è “diverso” in due direzioni. Una diversità che egli stesso riconosce come nociva e da cui prende le distanze, ad esempio un bambino potrebbe sentire come dissonante in se stesso, i momenti di rabbia improvvisa e incontrollata, ed allontanarli dalla propria rappresentazione di se stesso, come se non gli appartenessero, come non facessero parte di lui. Ma la diversità potrebbe anche essere vista come quel qualcosa che rende unico il bambino e dunque speciale, che lo rende “proprio lui” e non un altro. Anche se questo secondo aspetto è più semplice da far emergere, e di più facile comprensione, permettere ai bambini di ritrovare in loro stessi una diversità che a volte può spaventarli ha un valore immenso solo anche per il fatto che li alleggerisce dal mandato sociale ad essere dei bambini perfetti.
Avvicinarsi a se stessi, ha anche un altro scopo in questo percorso sulla Giornata della Memoria, poiché avvicinarsi a se stessi come singoli individui può aiutarli a riflettere su come etichettare un popolo, una religione, come “diverso”, fa immediatamente perdere il concetto di individualità.
“Gli Ebrei sono stati deportati” fa perdere il senso della storia personale di ogni persona che è stata deportata. Chi era Isaac, bambino ebreo di 6 anni, allontanato dalla sua casa, dai suoi genitori, e dai suoi amici? Si potrebbe lasciare i bambini liberi di scrivere la storia di Isaac prima della deportazione, aiutandoli anche raccontando le usanze, la cultura e le tradizioni della famiglia di Isaac. Poiché dare voce alla storia personale è un modo per andare contro a tutto ciò che si è tentato di fare in quegli anni, ossia sostituire l’unicità di ogni persona con un numero, cancellando le storie, i racconti, e persino le facce.
Con i ragazzi più grandi si può aprire un dibattito che partendo sempre dallo studio dei fatti storici, questa volta in maniera più approfondita e maggiormente critica, può permettere una riflessione sull’aspetto di chi resta a guardare che il male venga perpetrato, su come sia possibile che l’indifferenza e il lasciar che tutto accade possano trasformarsi in uno sterminio di massa, su quale sia la strada che porta a rendere banale il male.
Il lavoro su un tema cosi imponente non può evidentemente ridursi alla sola Giornata della Memoria e non può rinchiudersi in un solo periodo storico. Ciò che rende la riflessione importante è proprio la sua attualizzazione e non solo nella storia dei nostri giorni, se pure fondamentale, ma anche nella storia più vicina della singola classe per arrivare ad ogni singolo studente.
C’è qualche realtà quotidiana che lo studente vive in cui è in atto una vera e propria “deportazione” dell’altro? E per deportazione intendiamo allontanamento, isolamento, esclusione, fino a cancellare che l’altro esista con una propria specificità, fino a non sentire più le emozioni dell’altro, la sua angoscia, la sua paura, il suo terrore. Di fronte a queste situazioni, che sono alla base dei fenomeni di bullismo che utilizza mezzi reali o virtuali, come si rapporta ogni singolo ragazzo, cosa fa o non fa perché il fenomeno venga bloccato, per aiutare o meno un compagno?
Come già per i più piccoli e ancor di più per i ragazzi è bene aprire una riflessione che possa fare vedere cosa stiamo “deportando” in noi stessi, quello che pensiamo ci sia di sbagliato, di non amabile, di non apprezzabile, dove lo stiamo rinchiudendo, con quali camere a gas vorremmo farlo sparire dai nostri occhi, per poi accorgerci che è sempre li se non gli diamo ascolto?
Che si utilizzi un libro o la visione di un film, è bene riportare lo studente a se stesso, alla sua vita e alla sua personale storia. Perché la memoria collettiva ha valore se intrecciata alla memoria individuale, perché il singolo non si perda nella massa e la massa non si dimentichi del singolo.
Articolo pubblicato su www.lascuolapossibile.it numero 89 gennaio 2019