L’adolescenza è un periodo di grandi cambiamenti, visibili sicuramente nel corpo, ma ancor più turbolenti nel vissuto emotivo intimo e relazionale. Per diventare se stesso, l’adolescente ha bisogno di differenziarsi dai suoi punti di riferimento familiari e quindi essenzialmente dai genitori. Questo bisogno di opposizione, richiede che ci sia un adulto in grado di reggere l’urto, di controbattere con un “No” alle continue richieste del ragazzo. Pensare che un quindicenne sia grande e possa cavarsela da solo, o prendere per buone le sue parole “Non ho bisogno di voi”, “ Mi fate schifo” , “ Non sono come voi”, è dunque molto pericoloso. L’adolescente ha bisogno di descriversi come diverso, per iniziare a capire che tipo di adulto vuole essere e gettare le basi per quello che diventerà. Ha bisogno di sbattere la porta e di uscire, perché l’unico modo per provare a sopravvivere in questa dimensione labile e precaria, è quello di confrontarsi con il gruppo dei pari, che al contrario dei genitori sono proprio “tali e quali” a lui, nelle mode, nel lessico, nel pensiero. Un adolescente che esce sbattendo la porta è un adolescente che spera che quella porta possa ritrovarla sempre aperta al suo ritorno. E la porta rimane aperta quando c’è la possibilità di un dialogo, quando il ragazzo rientrando non viene bombardato da un interrogatorio “con chi eri, che hai fatto, hai studiato?”, ma riceva una semplice domanda “Come stai?”, alla quale probabilmente non risponderà, o tra i denti dirà “tutto bene”, ma sentirà che c’è uno spazio per lui nella mente dei genitori, che la rabbia non ha distrutto il loro legame e che quando vorrà saprà con chi parlare.
La famiglia adolescente
ottobre 29, 2018
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