Il disegno infantile. Una porta aperta sul mondo interno del bambino

Possiamo definire il disegno infantile come una porta d’ingresso che si apre al mondo interiore del bambino, un mezzo attraverso il quale il bambino esprime la sua personalità, ma anche le sue emozioni, la rabbia, la gioia, la paura, un modo che ha di comunicare ma anche di rassicurarsi, di trovare conforto.
Anche gli scarabocchi dei bambini di 2-3 anni hanno un valore importante, prima ancora che i disegni, in cui ci si esprime con forme più definite; un adulto può accedere ad un mondo che il bambino fa difficoltà a descrivere attraverso il linguaggio, che è ancora in evoluzione, ma è necessario guardare il disegno con i suoi occhi, evitando premature interpretazioni e anticipando quindi eventuali spiegazioni. Prima di approfondire, proviamo a chiedergli: “Cosa hai disegnato?”; probabilmente la risposta ci stupirà, come accadde ai suoi tempi all’autore de “Il Piccolo Principe“, Antoine De Saint-Exupéry.
Allora ho riflettuto molto sulle cose avventurose che possono capitare nella giungla e sono riuscito anch’io a produrre, con una matita colorata, il mio primo disegno” (vedi la figura in alto presente nell’immagine di inizio articolo).
Mostrai il mio capolavoro agli adulti e domandai se il mio disegno gli metteva paura. Mi risposero: – Perché mai un cappello dovrebbe far paura? –
Nel mio disegno non c’era un cappello. C’era un serpente boa che digeriva un elefante. Allora ho disegnato quello che c’era dentro il serpente boa, così che i grandi potessero comprendere. Gli devi sempre spiegare tutte le cose
” (vedi figura in basso presente nell’immagine di inizio articolo).
I grandi mi suggerirono di mettere da parte i disegni dei serpenti boa aperti o interi, e di interessarmi invece alla geografia, alla storia, alla matematica e alla grammatica. È così che, all’età di soli sei anni, ho abbandonato una meravigliosa carriera da pittore. Mi aveva scoraggiato l’insuccesso del mio disegno numero 1 e del mio disegno numero 2. I grandi non capiscono mai le cose da soli, e per i bambini è pesante dover essere sempre lì a spiegare tutti i momenti“.

Aspettare dunque che il bambino, attraverso le parole, ci presenti il suo “capolavoro”, ci permette di entrare nel suo mondo in punta di piedi e di scoprire cose meravigliose. Inoltre ci dà il permesso, una volta entrati, di sostare e guardare bene in tutti gli angoli di quel mondo. Da un disegno, il bambino può trovare il coraggio di esprimere una paura, una rabbia, un momento difficile. Ma questo a patto che non si sia classificato il suo disegno senza aspettare l’apertura della porta.
È vero dunque che il disegno ha una funzione rappresentativa, ossia riproduce un oggetto, un pensiero, un’immagine che era nella mente del bambino, ma ha anche un valore proiettivo importante, come abbiamo visto. Tanto è vero che nella psicoterapia infantile, oltre al gioco, si utilizza come canale di indagine e di terapia proprio il disegno. Vi sono alcuni test “carta e matita” in cui si chiede di disegnare una figura umana, una famiglia, un bambino sotto la pioggia. Questi test poi vengono analizzati dai professionisti secondo dei criteri codificati e danno moltissime informazioni sul mondo interiore del bambino e sul suo disagio.
Ovviamente una lettura del genere non è richiesta ad un genitore o ad un insegnante, laddove non si voglia poi finire in interpretazioni forzate del disegno.
D’altro canto utilizzare il disegno come espressione del Sé può essere utile anche a scuola, magari all’interno di uno spazio dedicato, dove l’elaborato diventa protagonista e non sia solo momento successivo alla lettura di una storia, meramente rappresentativo.

Si può ad esempio pensare di “Disegnare una musica“, coinvolgendo i bambini nell’ascolto di brani evocativi come “Le quattro stagioni” di Antonio Vivaldi, e chiedendo semplicemente di riprodurre sul foglio bianco ciò che la musica sta suggerendo loro. I primi quattro concerti solistici per violino dell’opera “Il cimento dell’armonia e dell’inventione” di Antonio Vivaldi riescono a trasportare chiunque le ascolti attentamente nelle atmosfere emotive sonanti e festose della primavera col suo canto degli uccelli e la sua danza finale, nella carica esplosiva dell’estate con i suoi toni accesi e violenti, nella natura che si assopisce in un clima più riposato e sereno con l’entrata dell’autunno, per giungere all’atmosfera cupa e fredda dell’inverno.
Il bambino può essere invitato ad ascoltare dapprima ad occhi chiusi la musica e poi a scegliere i colori e le modalità con cui produrre un disegno. Sarebbe interessante se potesse scegliere tra più modalità pittoriche, o se potesse anche utilizzare le tempere a dita, soprattutto se si pensa di organizzare un laboratorio del genere nella scuola dell’infanzia.
È evidente che la musica dell’opera di Vivaldi richiama a specifiche emozioni vissute. Il temporale estivo è facilmente assimilabile ad uno scoppio di rabbia, la pioggia martellante dell’inverno potrebbe ricordare una paura o un’ansia che vive, così come il ritmo festoso della danza primaverile risveglierà sentimenti di gioia e allegria.
Come abbiamo detto, la prima e ultima parola su quello che ha disegnato spettano al bambino. Solo lui ci può indicare ciò che ha sentito e che ha rappresentato.
Si potrebbe in un secondo momento sperimentare l’ascolto degli stessi brani musicali chiedendo di rappresentare la musica attraverso il proprio corpo. Saranno loro a diventare le foglie che crescono sugli alberi, la pioggia che batte, il vento che soffia gelido. L’importante è dare poi uno spazio, magari in cerchio, dove si possano trovare le parole per esprimere quello che si è sperimentato. Anche questa è educazione alle emozioni.

 

Pubblicato sul numero 92 della rivista telematica www.lascuolapossibile.it

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